"Sei d'accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?". Questo il quesito su Rousseau.
C'è un errore. O meglio, una TRUFFA. Il dicastero chiesto da Beppe Grillo col quale il comico ha convinto il popolo grillino a sostenere il premier. "Una come tanti altri", la definisce Paolo Becchi che su, Twitter cinguetta: "Non c’è alcun super ministero della transizione ecologica. Il voto su Rousseau andrebbe quindi rifatto e comunque i parlamentari 5stelle non sono tenuti al voto di fiducia solo perché Di Maio ha conservato il suo posto".
Il bing bang del Movimento inizia da qui, ma qui non finisce.
Infatti i toni si alzano e mentre, come dicevamo, i pentiti grillini organizzano con una diretta Facebook per domenica 14 alle ore 18 "il funerale del M5S", le reazioni dei portavoce, storici leader del Movimento che siedono in parlamento, sono a dir poco feroci. Gettano nei rifiuti l'ortodossia e il voto di ubbidienza, per dare fiato alla carica. "Non siamo qui solo per garantire il posto di ministro a Di Maio, che della politica ne ha fatto un mestiere". Ci dice telefonicamente un senatore che vuole mantenere l'anonimo. "Ora basta, la misura è colma. Io sono qui con l'illusione di cambiare il sistema, invece quello che è cambiato è il Movimento, da anticasta ora siamo diventati casta noi".
Il controcanto non si fa attendere. Dino Giarrusso che tutte le sere fa "ginnastica improbabile" arrampicandosi sugli specchi per gettare acqua sul fuoco, ma lo fa con un bicchiere, mentre l'incendio divampa sempre più, posta un suo pensierino che finisce così: "Grazie Giuseppe, e scusaci se come paese (se la prende con gli italiani mentre dovrebbe autoaccusarsi-ndr) evidentemente non siamo stati all’altezza di un grande uomo come te (e giù risate-ndr). Arrivederci a presto, a prestissimo". Avranno un appuntamento per un caffé, non altro.
L'altro Giarrusso, catanese come il primo, invece, lancia un'accusa ferma: