La spettacolizzazione con cui Sgarbi è stato buttato fuori dalla Camera ha oscurato le sue pertinenti dichiarazioni. Quello che aveva proposto nel suo intervento, che riguarda nel merito la sostanza, cioè il modo in cui la magistratura ha gestito e gestisce la giustizia in Italia. Ha citato, tra le altre cose, e a proposito, Francesco Cossiga: “l’ANM è paragonabile a una associazione a delinquere di stampo mafioso”. Affermazione forte di Francesco Cossiga pronunciata in diretta TV, su Sky, in un confronto, già nel 2008, con Palamara. Quasi una profezia che oggi diventa plastica. Ma veniamo all'analisi.
I fatti, danno ragione, sia a Cossiga ieri che a Sgarbi, oggi, in ciò che ha affermato in Parlamento, chiedendo legittimamente, tra l’altro, una commissione di inchiesta parlamentare, bisogna controllare i controllori dell’auto-governo dei giudici, visto tra l’altro che su almeno mille nomi coinvolti nelle chat, solo dieci sono sotto procedimento disciplinare.
Sgarbi sbaglia nella forma rabbiosa. Forma che poi prende tutta la scena, marginalizzando il merito dell’intervento, giusto e condivisibile. Rabbia che deriva dalla consapevolezza, dalla profonda conoscenza dei fatti e dei retroscena.
Ma oggi sappiamo bene che per affermare le proprie ragioni bisogna gridare per farsi sentire.
Come non condividere le accuse alla magistratura che dirigeva il gioco e che coinvolgeva tutte le correnti, nessuna esclusa, dopo tutto ciò a cui stiamo assistendo, clientelismo per carriere, lottizzazione delle procure, pressioni su inchieste, processi e sentenze ([…] “anche se ha ragione lo dobbiamo attaccare lo stesso”), infine la decisione di distruggere gli originali delle intercettazioni.
Fuori i nomi dei politici e dei magistrati coinvolti nell’orgia del potere che pare più un’eversione dell’ordinamento democratico che l’esercizio di un’indipendenza dei poteri.
Tutto ciò in un silenzio complice della maggioranza della politica, che ha il dovere invece di ripristinare regole giuste per i cittadini italiani che non si sentono tutelati… e non lo sono affatto, come tanti vasi di cotto in mezzo ai vasi di ferro.