06 maggio 2020

📗 DI MATTEO VS. BONAFEDE. SCOOP! IN ESCLUSIVA LE INDISCREZIONI DA PALAZZO


Non sempre ciò che appare fotografa la realtà che si nasconde dietro l’angolo.
Un autorevole esponente del M5S, ripetiamo del MOVIMENTO CINQUESTELLE ma non è propriamente grillino, nonostante ciò siede al governo, chiamato da Di Maio. Da post democristiano non riesce a star zitto se adescato nel modo giusto.
Bene, lo abbiamo incontrato in una caffetteria romana in zona Prati, il 5 maggio, primo giorno di apertura, in modo clandestino e con mascherina.
Lo avevamo chiamato in nome della nostra vecchia, ante M5S, amicizia e ad incontrarlo è stata la nostra corrispondente romana Antonella Brancato. Sveliamo così i retroscena di una vicenda finora oscura dal titolo Di Matteo vs. Bonafede. 

Proviamo, quindi, a fare una sintesi della chiacchierata che non definiremmo una formale intervista, ma proprio per questo molto più autentica.
«Quasi tutti, se non tutti, all’interno del Movimento cercano di dare un colpo alla botte e uno al cerchio. Cioè devono difendere Bonafede per ragioni di bandiera, non possono andare contro Di Matteo che è stato ed è ancora l’idolo del popolo a 5stelle, all’interno di quella idolatria grillina classica  che ha portato tanti consensi al movimento. Quindi capite il grande imbarazzo dei dirigenti. Allora che fanno attaccano Giletti per spostare l’attenzione, come se fosse un complotto del cdx cui Giletti fosse il braccio armato, come se Di Matteo fosse d’accordo con lo stesso conduttore, con Salvini, Meloni e perfino con Berlusconi, il quale, lo ricordiamo per cronaca, è sempre stato uno degli obiettivi da abbattere dello stesso magistrato. Vi rendete conto che è assolutamente ridicolo, ma non possono fare altro, sono in un cul de sac. La verità è che non c’è stato nessun cortocircuito lessicale, ne ho la certezza avendo vissuto personalmente la vicenda. Bonafede e noi 5Stelle volevamo Di Matteo al DAP, anche Davigo era d’accordo. A mettere lo stop alla nomina è stato il Presidente del Consiglio su suggerimento del proprio “consigliore” togato, una storia che adesso è stata pubblicizzata come indiscrezione su qualche quotidiano e ripresa anche da voi. Ma è proprio così. Una guerra tra bande della magistratura? Forse. La direzione del DAP ha una valenza politica e strategica enorme, sia per la gestione dei fondi riservate al dipartimento, che per l’amministrazione di oltre 40.000 unità di personale alla proprie dipendenze. Capite l’importanza politica e elettorale? Se poi c’è anche altro, cioè che la retromarcia che ha fatto Bonafede dipenderebbe, come ha affermato Di Matteo, dal fatto che i boss non gradivano il PM antimafia, a capo del DAP, perché considerato pericoloso, perché avrebbe gestito in maniera professionalmente rigorosa le carceri, il 41/bis, su questo non so rispondere. Non so se vi sono state pressioni su Bonafede in questo senso, per non alzare le proteste di quel mondo. Se Bonafede chiarisse questo punto, anche se andrebbe contro “il suo” Presidente, allontanerebbe i sospetti, ma creerebbe si un cortocircuito all’interno del governo. Penso di essere stato chiaro».

Certo che i grillini passano da oggi da “il sospetto è l’anticamera della verità” a “il sospetto deve essere provato” … nel frattempo gettano la palla fuori campo. Alla prossima.