di Marco Benanti.
L’immagine che deve essere mediaticamente trasmessa è quella di un partito vivo (“copyright A.Barbagallo”), compatto, forte, in grado di fare opposizione, o meglio di candidarsi e di contarsi. Insomma, il Pd è vivo e lotta insieme…a loro, a chi ci crede, a chi ci campa, fra rendite, incarichi, aspirazioni, attese di cooptazione e pensionamenti mai raggiunti.
Conteggi, quindi, ora e subito: quanti erano i presenti stamani all’incontro del Pd, alla presenza della deputazione regionale, a Catania, ufficialmente su iniziativa del deputato Ersilia Saverino e del marito Massimo Buscema (il marito conta sempre, lo insegna anche Ruggero Razza ?) Fino a stasera è stata una piccola “battaglia” di numeri (500, 800, mille, altro?): un partito che “dà i numeri”? No, più semplicemente un “partito” che vive di lotte interne, di scontri intestini, fra “aree” diverse, fra correnti/portatrici di rendite, o meglio fra fazioni che si muovono in base alle convenienze e alle circostanze del momento. Quante “aree” o meglio quante correnti vogliono ancora questa segreteria regionale? Insomma, per dirla tutti: chi vuole la testa di Anthony Barbagallo, un democristiano di “scuola lombardiana”, “calcolatore professionista” dei suoi posizionamenti a fini personali, con mosse che vanno dal trombonismo antifascista e finto progressista, alle epurazioni in linea con un giustizialismo e un moralismo d’accatto. Sarà un caso, ma non pochi sono quelli che raccontano di un Raffaele Lombardo che influenzerebbe le mosse del “giovane Dc di Pedara”.
Da un po’ il “giovane” in questione non sembra essere più così gradito come pure si vuole fare apparire: l’evento di oggi, quindi, sarebbe un “primo segnale” in tal senso. E’ solo un retroscena che circola in queste ore: altri, invece, sottolineano come “prova a contrario” la sua presenza, con tanto di intervento. Ma a proposito che ha detto? Che ha detto Antonello Cracolici? Ha parlato delle infiltrazioni mafiose secondo schemi (appalti, subappalti, “marketing” di prodotti come il caffè) vecchi di alcuni decenni?
Sarà un caso, ma stamane della segreteria del Pd catanese si potevano cercare le tracce, ma non le presenze(e dire che noi la segretaria Leone l’avevamo pure toccata, avevamo avuto prove della sua esistenza in vita politica…).Così’ mancavano “big” come Maurizio Caserta, che, invece, di diventare il “capo dell’opposizione” nella Catania della destra dominante rischia di diventare uno dei tanti “beneficiati” (in senso elettorale, leggasi prossimo voto europeo) del “giovane Dc di Pedara”. Caserta, politicamente parlando, conferma il dato di fondo di una città democristiana nel midollo, dove tutto è ambiguità, dove si vive l’ “arte di stare nel mezzo”, insomma dove ti ritrovi nelle prime file (abbandonata la “nave perdente” del “villarismo” declinato nel “rotismo”) i “professionisti del posizionamento” tipo Jacopo Torrisi ,della nota famiglia della sinistra catanese.
E poi che dire di un partito che “s’indigna” per i familismi assortiti della destra (coerente con la sua idea di fondo di società corporativa) e poi presenza in prima fila il Prof.Avv. Giuseppe Berretta, sempre per tenere vivo il senso della famiglia, che a sinistra si conferma e non si smentisce (l’idea di società corporativa è la stessa, è soltanto meglio mascherata)?
Per tutti quelli che non hanno chiaro cosa significhi “stare nel mezzo” un utile contributo potrebbe arrivare da Pippo Glorioso da Biancavilla, dirigente della Cgil e -secondo talune voci- reduce da una “full-immersion” sul tema “Fanfani e il contributo della sinistra democristiana al progresso italiano”.
Del resto, la componente del sindacato è pure essa “democratica”: è la Cgil. Sarà stato un caso, ma stamane, mancavano anche esponenti della Cisl, della Uil e di altri sindacati: presenti, invece, i vertici regionali e catanesi (Alfio Mannino e Carmelo De Caudo), in mezzo ad altri “pezzi” della provincia della Cgil. Dicono che la sovrapposizione Pd-Cgil sia finita con il tramonto dell’ “era Villari-Raia-Rota”, facciamo finta che sia vero, che tutto sia stato dovuto ad inviti, presenze a titolo personale e altre amenità del genere.
Insomma, nel caso del rapporto Pd-Cgil si potrebbe dire che si trattasi forse di “sostituzione etnica” : da Grammichele a Randazzo. Perchè in Sicilia quando cambia tutto, non cambia niente. Al massimo, le divise e le facce (di bronzo) che sempre quelle sono.