Anche la Sicilia dà l’ok: raggiunta la soglia di 5 Regioni a favore.

Mancano solo le verifiche della Corte di Cassazione e il via libera della Consulta, ma con l’approvazione del Consiglio regionale siciliano si è raggiunto il numero di amministrazioni favorevoli a indire il referendum proposto da Radicali e Lega  sulla riforma della giustizia. L’ok dell’aula palermitana è arrivato dopo il primo passo compiuto a metà luglio dal Consiglio lombardo, poi seguito da quello del Veneto, del Friuli-Venezia Giulia e dell’Umbria.

I rappresentanti siciliani hanno così dato l’ok alla richiesta per tutti e sei i quesiti proposti: abolizione della legge Severino (36 sì), limiti della custodia cautelare (36 sì), separazione delle carriere dei magistrati (38 sì), revisione dei meccanismi di valutazione dei magistrati (38 sì), responsabilità civile dei magistrati (38 sì) e la composizione del Csm (38 sì).

Le rivelazioni di Luca Palamara e tutto ciò che è emerso e quotidianamente emerge hanno evidenziato una situazione non più sostenibile. Sul tema ha colpito il silenzio del Partito democratico, delle principali testate e di molti talk show. Collusioni, connivenze, complicità? Sì. Il “Sistema” ha reagito col catenaccio del silenzio e se non ci fossero stati Piero Sansonetti, Alessandro Sallusti, Nicola Porro e pochi altri, tutto sarebbe passato in cavalleria. La riforma Cartabia, frutto del negoziato con Giuseppe Conte e Alfondo Bonafede, è un primo passo importante, ma insufficiente.

Per curare la cancrena servono riforme radicali. Che tuttavia l’attuale quadro politico non consente di realizzare per via parlamentare. Negli ultimi trent’anni la magistratura è diventata una corporazione. Da “ordine”, come è definita dalla Costituzione, è diventata un “potere” pregiudizialmente in conflitto con gli altri poteri indicati nella Carta. Una distorsione che ha alterato l’equilibrio della Costituzione e alla quale ha fatto seguito la degenerazione del correntismo, ossia la politicizzazione della magistratura attraverso le “correnti”, che ha determinato una sorta di “partitocrazia giudiziaria”, la lottizzazione correntizia delle decisioni e il controllo assoluto del Csm dal quale dipendono nomine, carriere e sanzioni. Un potere assoluto delle correnti su tutto il corpo giudiziario. Un potere che dispone di alleanze politiche e mediatiche, in un rapporto melmoso in cui la trattativa tra “correnti” e i partiti di riferimento avviene su nomine, leggi, indagini “a orologeria” e/o strumentali ma anche su “cacce ostinate”, “distrazioni”, omissioni e vere e proprie persecuzioni.

La volontà sovrana adesso spetta ai cittadini espressa direttamente con il referendum.