07 settembre 2021

Presidenza della Regione Siciliana: In pista Stancanelli, l'uomo forte di Fratelli d'Italia.


di Miriam Di Peri per Repubblica

La scalata di Raffaele Stancanelli è sempre più definita. L'eurodeputato di Fratelli d'Italia, già fedelissimo del governatore Nello Musumeci, al suo fianco per tutta la campagna elettorale delle regionali e principale interlocutore con gli alleati della coalizione, rilancia la corsa verso Palazzo d'Orleans. Dal giorno del divorzio col governatore, l'ex sindaco di Catania ha continuato a tessere la stessa rete di relazioni politiche, che fino al giorno prima venivano indirizzate a beneficio del fondatore di Diventerà bellissima. Il primo ultimatum ai suoi, insomma, lo ha lanciato Stancanelli: "O con me, o con Musumeci".Uno scontro all'ombra dell'Etna che si è inasprito mese dopo mese. Meloni e Salvini a Roma non fanno mistero di voler archiviare l'era "Nello". Il centrodestra è pronto a offrire al governatore l'uscita onorevole di un seggio al Senato, quando si tornerà a votare. Tanto più se si precipitasse alle Politiche subito dopo l'elezione del presidente della Repubblica del febbraio prossimo.

La leader di Fdi sogna di incassare la candidatura di un suo uomo al posto dell'attuale presidente che è considerato sempre più ingestibile dalla stessa destra. Il capo leghista pretende di piantare la sua bandierina in Sicilia. Ma gli manca l'uomo di peso per farlo. Così, Stancanelli diventa per investitura "naturale" l'anti-Musumeci: conosce i punti deboli dell'avversario e ne ha fatto i suoi punti di forza. Risponde sempre, a tutti. Dispensa consigli agli amministratori locali che ne chiedono l'intervento, risolve gli screzi politici, segue i delicati passaggi delle amministrative. Anche all'Assemblea regionale, i tre deputati di FdI sono vicinissimi all'ex primo inquilino di Palazzo degli Elefanti. Pur mantenendo l'incarico a Bruxelles, lui all'ombra dell'Etna c'è.

E ora chiama a raccolta i suoi, proprio mentre pezzi consistenti di Diventerà bellissima chiedono una federazione con Fratelli d'Italia, con la complicità di diversi traghettatori, da Adolfo Urso a Salvo Pogliese, fino a Manlio Messina. L'apparentamento è dietro l'angolo, soprattutto dopo la campagna acquisti della Lega, che ha portato il gruppo del Carroccio all'Ars a vantare otto deputati regionali. "Forse - si bisbiglia dalle parti della maggioranza - per cercare una exit strategy, magari con una candidatura blindata a Roma". Un'ipotesi, quella di un biglietto sola andata per una delle Camere, che serpeggia ormai da tempo, tra le stanze dei bottoni. Soprattutto dove l'ipotesi di un Musumeci bis non è esattamente la benvenuta.

Il governatore, dal canto suo, alza la posta in gioco e chiede fedeltà alla coalizione: l'aut aut è chiaro. O dentro o fuori il governo regionale. E la resa dei conti, alla fine della fiera, è attesa per questo pomeriggio alle 16, quando il primo inquilino di Palazzo d'Orleans ha convocato la giunta di governo. La giunta, appunto. Non i partiti. Ancora una volta, il governatore punta a condurre il dibattito dall'esecutivo regionale. E fa storcere il naso alle forze di maggioranza. "Musumeci dimentica - sussurrano gli azionisti di maggioranza - che questo è un governo voluto da questi partiti. Non è un governo di sua proprietà". Il clima nella maggioranza, è tutt'altro che disteso. Nelle due chat whatsapp della maggioranza, una della coalizione, l'altra dei capigruppo, per tutto il giorno si è discusso d'altro, nessun accenno all'aut- aut del governatore. Segno del gelo tra gli alleati.

"Se avesse voluto farlo davvero, lo avrebbe fatto, non minacciato", dicono ancora gli alleati, convinti che si tratti di un modo per tirare la corda. "Musumeci non ha capito che la politica si fa in un'altra maniera. Lui non parla coi partiti e ora vuole sapere chi è con lui e chi contro di lui. Ma quando mai ce lo ha chiesto?", sbotta un plenipotenziario della maggioranza. Insomma, la coalizione è ai ferri corti e la strada, a questo punto, è tutta in salita per il governatore. Non soltanto per le tante riforme appese al palo, che devono ricevere l'ok da una maggioranza in Assemblea sempre più sfaldata. Sullo sfondo, i mal di pancia crescono, alimentati anche dalla programmazione delle risorse provenienti dal Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza.