04 settembre 2021

AMARCORD: TOTO' E MIRELLO, GEMELLI DIVERSI

 


di Mario Barresi

Aidone. L'unico scontro si consuma nel backstage. Quando Mirello Crisafulli, spaparanzato su una poltroncina della chiesa (sconsacrata) adiacente al museo archeologico di Aidone, accende con sfrontata naturalezza una sigaretta. E Totò Cuffaro s'inalbera: «Ma sei impazzito? In chiesa non si fuma!!! Eccolo, il solito comunista…». L'ex senatore-fumatore mastica un boccone amaro e dà le ultime boccate sputacchiando il fumo addosso all'ex governatore-censore. «Non lo faccio per te. Ma per i voti dei cattolici». Esce e butta fuori la cicca, lanciandola come una catapulta fra pollice e indice.
Per il resto Vasa-Vasa e il Barone Rosso sono tutt'altro che Don Camillo e Peppone. Piuttosto: Totò&Peppino. Ma anche Ric&Gian, Gianni&Pinotto, Bibì&Bibò.
Gemelli. Gemelli diversi. Un aggettivo per definirsi a vicenda? «Meraviglioso, anzi: wonderful», dice Totò di Mirello. Che ricambia con un più tiepido «fantasioso». I due, nel frattempo, si scrutano le rispettive panze. «Prima erano i democristiani a essere vestiti eleganti ai convegni - osserva Cuffaro - ma oggi io sembro uno straccione a confronto suo. Si vede che gli ex comunisti hanno sperimentato ilpotere...».
Eccoli gli Zii di Sicilia, nell'incontro letterario al BarbablùFest ideato da Pietrangelo Buttafuoco, dove un centinaio di persone (tutte con Green pass) si sono prenotate per un posto in prima fila per assistere al confronto moderato da Peppino Sottile.
Ma prima di cominciare, il vero show è l'attesa. In cui i due, rilassatissimi, si preparano a calcare il palcoscenico. E così scopri subito che «ci conosciamo dal 1991, quando mi insediai per la prima legislatura all'Ars», ricorda Crisafulli. «Ma io sapevo già chi eri», gli ricorda Cuffaro. E dalla conoscenza al feeling è un attimo. Oltre alle trame che hanno deciso un quarto di secolo di politica siciliana, uno dei risultati finora inediti della liaison è di tipo cinofilo. «Quando io ero assessore all'Agricoltura, ma Mirello comandava l'agricoltura siciliana, abbiamo lanciato l'iter - ricorda l'ex governatore - per il riconoscimento di una razza di cani». Ovvero: il pastore siciliano, unico pedigree riconosciuto oltre al cirneco dell'Etna, altrimenti detto cani 'i mannera. «Ebbene, uno dei primi cuccioli della razza riportata in purezza dopo quasi due decenni - rivela l'ex senatore - l'ho preso io e l'ho portato in campagna». Il nome, ça va sans dire: Totuccio.
«Mirello, stasera abbiamo un dovere: dobbiamo toglierci tutti i nostri sassolini dalle scarpe. Se tu i tuoi non te li togli, te li levo tutti io», è la promessa del centrista che si dice «deluso, perché a causa del Covid mi hanno proibito di baciare tutti come vorrei». E così, fra un caffè e qualche irriducibile peones in visita di interessata cortesia, si parla e si sparla. Oggi, giocando alla fantapolitica, un ticket Cuffaro-Crisafulli quanto sarebbe competitivo alle Regionali? «Io faccio il vice di Mirello, perché il presidente l'ho già fatto», precisa subito Cuffaro prima che l'altro dia la sentenza: «Competitivi? Avremmo già vinto!». Anche perché, ritiene l'esponente ennese del Pd, «Cuffaro è stato l'ultimo presidente della Regione. Gli altri? Fantasmi, controfigure in mano ai comitati d'affari». Non a caso, dirà poi l'ex governatore sul palco, «la classe politica siciliana che è venuta dopo di me ha un grandissimo merito: quello di aver rivalutato la mia presidenza».
Il sonno della Regione genera mostri. E i due mostri sacri ne sono certi. Un voto da 1 a 10 al governo di Nello Musumeci? «Se si parte da uno siamo già troppo alti», taglia corto il Barone Rosso. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere», sguscia Vasa-Vasa. E l'altro lo fulmina: «Certo, tu ci sei abituato!». Ma, da buon democristiano, la controrisposta è conciliante. Anzi: letteraria. «Tu, caro Mirello, sei un personaggio identico a Nemecsek, protagonista di un romanzo che tengo sempre sul comodino: I Ragazzi della Via Pal. Hai vissuto con i tuoi sogni, oltre ogni sogno». L'ultimo libro letto dall'ex comunista è scontato: «Quello sul compagno Macaluso. Bellissimo!».
«Meglio due squali che mille piranha», sentenzia Sottile arringando contro le «anime belle» che schifano quei due. E certo, il tema della giustizia (e del giustizialismo) diventa subito centrale. Con l'ex governatore dell'Udc che s'è fatto cinque anni di galera per favoreggiamento a Cosa Nostra e con l'ex senatore finito più volte sott'inchiesta e «intercettato da quando c'erano le cabine a gettoni» c'è soltanto l'imbarazzo della scelta. Ma i due «mascariati», come li definisce Sottile, ci vanno piano. «Io, anche se potessi, non mi ricandiderei», ammette Cuffaro, che come pena accessoria sconta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. «Tutti dicono di avere fiducia nella giustizia, finché la magistratura non graffia le carni. Io rispetto la sentenza e riconosco i miei errori, al di là dei reati. E quindi sarei fuori anche se potessi stare dentro». Crisafulli, rievocando l'inchiesta per mafia che lo sfiorò per i contatti col boss Raffaele Bevilacqua, è lapidario: «Ero pulito, sono stato sempre pulito. Il resto, per qualcuno che mi voleva male, è come la favoletta della volpe e l'uva». Le due fedine penali s'incrociano nell'inchiesta in cui Crisafulli finì indagato per la visita proibita al detenuto Cuffaro. «Hai fatto quello che diceva Gesù Cristo: dare conforto ai carcerati. Tu che sei comunista hai fatto l'unica cosa democristiana e ti hanno inquisito!».
Scorrono i ricordi, s'intravvedono le prospettive. «La vicenda dei termovalorizzatori è quella che mi ha portato in carcere», ammette l'ex governatore ricordando che «i siciliani, dal 2008 al 2018, hanno pagato 16 miliardi di conferimento in discarica». Se ne parla ancora. Ma del resto - provoca Totò - chi parla di Lombardo, Lumia, Crocetta? «Montante», sbotta fra le risate Mirello. Che rivendica di aver subito i dossieraggi di un comitato d'affari sviluppatosi con Lombardo e proseguito con Crocetta. Oggi, con Musumeci, non ci sono né comitato né affari. Semu ammenzu a na strata…».
Totò e Mirello, le Twin Towers della politica siciliana. Ognuno con un proprio Undici Settembre, ognuno con una ricostruzione a partire dalle macerie o poco più. Il primo sta lavorando «per rifare la Dc, che già alle Amministrative di ottobre avrà una sua lista in ogni comune col proporzionale». Il secondo, fiero che «il 23 settembre ci saranno i primi 13 laureati della facoltà romena di Medicina a Enna», giura: «Non mi ricandido, ma lavorerò per il mio partito». Con un consiglio trasversale: «Una grande coalizione che metta fuori gli incapaci».
Presenti esclusi, sembrano dirsi con gli sguardi reciproci carichi di stima. E di orgoglio. La speranza, nell'era del Covid, è un lusso. Anche per gli Zii di Sicilia.